Ezio Glerean: l’uomo in più del Cittadella

Una della favole più interessanti della Serie BKT è cominciata con una squadra di stampo olandese

 

 

Con molta probabilità se 30 anni fa fossero esistiti i social, ad ogni riferimento sul calcio giocato dall’Olanda di Johan Cruijff e quindi il “calcio totale” da cui Pep Guardiola ha preso ispirazione nella prima parte della sua carriera, si sentirebbe parlare in egual misura in Italia di Ezio Glerean, allenatore che ha letteralmente ricalibrato storia e ambizioni di una piazza come Cittadella, abituata a lottare per la permanenza nella vecchia C2.

Una scalata, quella del tecnico classe ’56, che ricorda quanto il calcio sappia essere democratico e affine ad una struttura narrativa tanto cara a molti scrittori e registi, quella del viaggio dell’eroe: partito dalla seconda categoria, arrivato tra i professionisti, con il mantra delle idee e dei principi di gioco come strumento per i risultati.

Nessuna scorciatoia, “solo” lavoro con costanti iniezioni di passione. L’occasione per essere ricordato arriva nella stagione ’96-’97, quando comincia l’avventura che porterà poi Glerean a essere protagonista sulla panchina del Cittadella con un gioco “all’olandese”.

Nel corso delle 6 stagioni vissute con i veneti, Glerean porta il club dalla C2 alla B, ma soprattutto apre le porte su una nuova dimensione tattica, fino a quel momento inesplorata: il suo famoso 3-3-4, sistema di gioco con una gestione degli spazi accostabile – con le opportune proporzioni al 3-3-1-3 che ha reso eterna e quasi imbattibile l’Ajax, seppure con principi di gioco differenti.

L’accostamento non è puramente casuale, come ammesso dallo stesso Glerean che ebbe modo di osservare da vicino per tre mesi nel 1987 il metodo di lavoro di Cruijff. Lì partì la definitiva rivoluzione nella testa prima, nelle squadre poi, del tecnico, che forgiò qualche anno dopo un Cittadella aggressivo, feroce ma attento a non rompere il concetto di equilibrio.

Quel Cittadella era una squadra corta, dove i difensori accettavano l’uno contro uno e la necessità di difendere a campo aperto, con gli attaccanti cinici e i centrocampisti strutturati. Gol a grappoli, tanta innovativa nelle scelte ma soprattutto nell’approccio alle partite. Modus operandi che porta i granata in Serie B, dove militeranno nel 2000-2001 e nel 2001-2002, prima di retrocedere, ma quest’epilogo non svalutò, né svilirà, la portata del lavoro di Glerean.

La carriera del tecnico sembrava essere in procinto di decollare, dato che arrivò l’opportunità Palermo, ma le cose andarono diversamente, dato che Glerean fu il primo allenatore di una serie discretamente lunga, esonerato dal compianto presidente Maurizio Zamparini, all’esordio come numero uno rosanero proprio nella stagione 2002-2003.

Da quel momento per Glerean comincia una fase complicata del proprio percorso, dove probabilmente paga l’integralismo e la fervente volontà di non venire meno ai propri principi umani e operativi. Ritrova serenità e continuità a Bassano, dove disputa tre ottimi campionati di Serie C2 ma, dopo la parentesi a Cosenza del 2009-2010, si allontana dai radar del grande calcio.

Tutti, a un certo punto della vita, tornano nella propria Itaca.

Infatti, il ritorno in panchina nel 2017 avviene per rispondere positivamente alla chiamata del Marosticese in Eccellenza. Una compagine che per Glerean non è come tutte le altre, dato che è proprio da lì che partì il suo viaggio. Glerean è un personaggio diverso dagli altri, un prototipo di allenatore troppo moderno per i primi anni del 2000, quasi fuori luogo in quel momento storico, ma che probabilmente avrebbe trovato il suo habitat naturale nel linguaggio e nel tatticismo del professionismo attuale.

La storia del Cittadella però non potrà mai dimenticare il marchio e l’impatto di Ezio Glerean, e i tifosi non dimenticheranno mai quella squadra che amava giocare corto e che si serviva del possesso palla come espediente per creare un “uomo in più”.

 

 

 

Credits: sito ufficiale Cittadella e pagina social di Ezio Glerean

 

 

 

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