Nella mente e nel cuore dei tifosi italiani ci sono due immagini che restano, da sempre e per sempre, impresse nella memoria. La prima è datata 9 luglio 2006, ed è scattata a Berlino nel momento esatto in cui il rigore di Fabio Grosso (l’attuale allenatore del Frosinone) finisce alle spalle del portiere della Francia Barthez.
La foto ritrae Fabio Cannavaro e Daniele De Rossi, rispettivamente attuali tecnici di Benevento e SPAL, che scattano felici verso il compagno che li ha appena resi Campioni del Mondo, come se fossero centometristi. Di quella notte magica è la foto più densa ed emblematica, addirittura più emblematica del momento in cui Cannavaro alza al cielo la coppa.
La seconda è datata 14 giugno 2010 ed è scattata a Città del Capo. È il giorno di Italia-Paraguay, primo match della fase a gironi dei Mondiali del Sudafrica.
Gli Azzurri affrontano da Campioni del Mondo la nazionale sudamericana. Soffrono, soffrono tanto, soffrono più del dovuto, vanno anche sotto di un gol finché, al minuto 63’, Daniele De Rossi, con un tocco sotto porta, segna il gol dell’1-1. La foto di quel giorno ritrae De Rossi e Cannavaro che si “urlano” in faccia per la gioia di una partita rimessa in piedi con la grinta e l’orgoglio dei campioni in carica. È la loro ultima gioia in maglia azzurra, è la loro ultima gioia insieme.
La spedizione del Sudafrica, infatti, finisce con l’eliminazione dell’Italia al primo turno e sarà l’evento che di fatto chiude il ciclo dei campioni del 2006. Da lì a poco, dopo la brevissima esperienza con l’Al-Alhi, Fabio Cannavaro lascerà anche il calcio giocato.
In diverse interviste, tanto Cannavaro quanto De Rossi, hanno dichiarato di aver maturato l’idea di diventare allenatori professionisti proprio durante le spedizioni mondiali, quelle del tecnico della Spal a fine carriera saranno “solo” tre.
La riprova dell’attitudine al ruolo di allenatore arriva da diverse interviste concesse quando erano ancora calciatori: “Mi piace dividere il campo per catene - spiegava a fine 2010 l’ex difensore - quella di destra e quella di sinistra. Se l’ala viene dentro, la mezzala esce fuori. Se il terzino si alza, il centrocampista torna dietro. Quelli che non si devono muovere mai, per me, sono il mediano e l’attaccante, punti di riferimento del 4-3-3. Mi piace che la mezzala attacca negli spazi”.
Quasi opposta, ma altrettanto consistente, la visione esplicitata da Daniele De Rossi poche settimane prima del suo addio al Boca Juniors e quindi al calcio giocato: “Mi piace costruire il gioco dal basso, ma se ho un portiere con i piedi fucilati o due centrali tecnicamente inadatti, cerco alternative”.
Due visioni finite nelle rispettive tesi dei corsi svolti a Coverciano, due visioni apprese nei tanti anni di calcio giocato, due visioni affinate con l’aver frequentato, nel lavoro quotidiano, allenatori che hanno fatto la storia del calcio come Carlo Ancelotti, Fabio Capello e Luis Enrique.
Visioni che oggi, con gli adattamenti del caso, mettono a disposizione dei due club della Serie BKT che gli hanno concesso l’opportunità di allenare in Italia.
Cannavaro, da quando è a Benevento, ha virato dalla difesa a quattro in linea alla difesa a tre. De Rossi invece, nelle sue prima partite sulla panchina biancoceleste, ha ridotto la costruzione dal basso privilegiando le combinazioni tra le punte e le iniziative degli esterni di centrocampo.
Tutti temi tattici che vedremo a confronto quando allo Stadio Paolo Mazza di Ferrara, i due campioni del mondo saranno seduti sulle panchine di Spal e Benevento a pochi metri di distanza uno dall’altro. Solo che stavolta non potranno abbracciarsi con la stessa intensità di quella notte di Berlino.