B Marzio fa tappa a Monteboro: la fabbrica dei talenti dell'Empoli

Bennacer e Piu protagonisti di questa puntata della rubrica che racconta le realtà della Serie B ConTe.it.

 

 

Nel centro sportivo di Monteboro ci sono tre edifici e almeno 5 campi da calcio. Ma non si vede il pozzo miracoloso. La fonte dalla quale evidentemente viene fuori dell’acqua dai poteri magici grazie alla quale l’Empoli è riuscito a far crescere i ragazzi di un settore giovanile che non finisce mai di sfornare talenti.

Qui si cresce come a casa propria”, musica e parole sono di Alessandro Piu, attaccante dell’Empoli che a Monteboro per la prima volta ci ha messo piede a 13 anni. “Non è mai facile lasciare la famiglia ma a Empoli  mi hanno accolto alla grande. Ho vissuto nel convitto con gli altri ragazzi del settore giovanile, avevamo anche un tutor che ci seguiva negli studi ed infatti io mi sono anche diplomato qui”. Parla e cammina, ripercorrendo quelli che sono stati i primi passi della sua gioventù a Monteboro. “Quando sono diventato maggiorenne ho preso casa a Empoli ma questi luoghi mi riportano sempre tanta allegria e momenti indimenticabili”. Durante la passeggiata per l’hotel dove Alessandro “è diventato grande”, ci sono i ragazzi del settore giovanile di oggi. Studiano via Skype con i compagni e i professori, consumano il pranzo e si preparano per l’allenamento del pomeriggio.

Osserva con sguardo molto interessato Ismael Bennacer. Anche lui ha appena 20 anni ma ad Empoli è arrivato all’inizio di questa stagione. Lui, nato in Francia da mamma algerina e papà marocchino,  il settore giovanile lo ha fatto in Inghilterra, all’Arsenal, ma le strutture del centro di Monteboro lo affascinano molto perché non sono poi così differenti da quelle dove è cresciuto: “si vede che qui c’è grossa attenzione per i giovani”.

A soli 20 anni ha già una storia da adulto: “sono sposato da 3 anni e prima del matrimonio sono stato fidanzato per altri tre”. Alessandro Piu sorride: “io non potrei mai essere sposato. Lo invidio perché ha davvero un bel coraggio”. Scherzano insieme. Perché anche questo è sintomo di aggregazione e integrazione. “Per la sua cultura – spiega Alessandro – sposarsi così giovani è la normalità. Lo rispetto e lo ammiro”. E poi Ismael racconta. “In ritiro di solito dormo in camera da solo, così quando mi sveglio la mattina presto per pregare non do fastidio al mio eventuale compagno”. Ma Alessandro controbatte: “ma non è vero dai. Io con te ci ho dormito una volta e non mi sono accorto di nulla. Sei un ragazzo molto rispettoso degli altri”.

La passeggiata procede. Dall’hotel dove l’Empoli (dei grandi) va in ritiro prima delle partite di campionato al campo dove Alessandro ha giocato le sue prime partite e ha segnato i suoi primi gol. “E’ bellissimo”, esclama Bennacer. “E non sai che soddisfazione quando noi della Primavera giocavamo di domenica mattina e quelli della prima squadra si mettevano a bordo campo a guardarci. Per noi era uno sprone a fare sempre meglio”, replica Alessandro.

E’ il primo anno che giocano insieme, ma è come se si conoscessero da una vita. Ismael sta imparando l’italiano, ma si fa capire alla grande. “Nello spogliatoio si è integrato subito e poi è talmente forte in campo e in allenamento che in pochi giorni era già un leader”. Come a tavola. “Riso a volontà, ma anche uova all’occhio di bue. Sono stati i miei compagni a insegnarmi che si dice così ed ora lo chiedo sempre quando siamo a pranzo”. Aggiunge Ismael con una risata.

Entrambi sono tipi casalinghi. “Al massimo una partita alla Play – racconta Alessandro – ma contro Ismael è meglio non giocare. E’ troppo forte”. Ridono entrambi. “Ho scelto la maglia numero 10 perché è il giorno della data di nascita di mia sorella, e poi il mio idolo è Ronaldinho”, spiega Bennacer. “Con la mia famiglia ho un rapporto molto stretto. Quando possono vengono in macchina dalla Francia per seguire le mie partite, anche perché io difficilmente riesco ad andare a trovarli lì”. La famiglia di Alessandro, invece è a Gonars in Friuli e lo segue praticamente ovunque: “la prima volta che sono stato convocato in prima squadra, hanno seguito la partita al bar della città. Il mio è un piccolo centro, si conoscono tutti e quello è stato un giorno indimenticabile”.

Come l’esperienza a Monteboro: la fabbrica di talenti fatti in casa dall’Empoli.

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